I giorni stanno passando troppo velocemente, ero convinto di aver pubblicato ieri sera il mio ultimo pezzo. (Hey mi avete detto che vi è piaciuto, grazie)
Sebbene nulla vada come previsto o come sperato, la resistenza persiste e non possiamo fare altro che trovare il modo più corretto per affrontare le cose. Ognuno il suo, continuo a ricordarvelo: perché minchia dovrei seguire i consigli di vita di un/una/un* che non conosco, di cui nulla mi interessa e che sicuramente vuol vendermi qualcosa? Tutto sto casino per ripetere la stessa strada del catechismo? Dai dai, via veloci.
Altra cosa e poi passo al clou, anzi mi serve perché il clou non sia pervaso dalla mia vis polemica, che tra poco venderò a Sgarbi visto il suo stato ormai palese di rincoglionimento. Che è un peccato, perchè è la celebrazione di quello stereotipo tv che hanno mutato certi chef che devono essere stronzi perché sono bravi. Io non capisco perché conosco un sacco di stronzi che non sono bravi in niente, quindi se sei bravo perché devi essere stronzo? Ti picchiavano a catechismo? Per rimanere in tema. Che non era questo, non volevo parlare di stronzi ma di parassitismo.
Yes parassitismo, termine animale che mutuiamo per parlare di chi specula sulla causa LGBTQIA+ col culo degli altri. Che sia per 2 euro di promozioni instagram o qualche manciata di like, quello che ho visto durante il mese di giugno non è stata la celebrazione della causa, ma dell’utente IG di turno che ci spiegava la vita, che condivideva, guarda caso, esperienze e aneddoti ora che era il momento giusto, come a Natale si fa l’albero, a gennaio si piange per la panza, a febbraio sanremo etc. Ma finiamola e abbiate il coraggio di ammetterlo, visto che stiamo ovviamente parlando di PRIDE, dite la verità una volta per tutte: a me non ne frega un cazzo, davvero, sono come zia Renata o zio Gianna, sono queer solo quando mi serve. Il vero motivo per cui sono qui è per mostrare me, centro universale dei vostri pensieri, erotici e non. Ma la smettiamo?
Ora che è finito il pride month voglio proprio vedere come andiamo avanti. Mi siedo qui, aspetto, non ho fretta.
E ora the big part. Sabato qui a Milano abbiamo avuto il pride (ovviamente ho sentito dire gay pride anche al pride, perchè tanto è come outing/coming out, sinonimi per il volgo) e finalmente è stato consentito, dopo anni, alla comunità di uscire dal quartiere simbolo e poter tornare, più o meno, a sfilare per la città più proud di tutte. Si è concluso con una festa, un sacco di sudore e del COVID che faremo finta di non vedere.
Ma il punto, strabiliante, è un altro. Non solo l’età media si è abbassata, ché ti fa pensare ad una possibile evoluzione/rivoluzione umana. C’è un cambiamento fortissimo dell’archetipo/stereotipo di chi è queer.
Ma partiamo dal primo. Credo che tra chi mi legge ci sia una bella fetta di nati nei ruggenti ’80 come me. Ecco. Pensate se noi, a 15 anni avessimo potuto vivere una cosa del genere. Pensate alla fortuna che hanno sti ragazzetti, ma soprattutto pensate che se ora i compagni di classe vanno al Pride come alleati, senza le battaglie di chi si è preso sputi e calci tutto questo non sarebbe successo. Altra cosa fenomenale: non erano incazzati come noi questi giovini. Io ho sempre sfilato per ricordare al mondo che non sono di serie B, che pago tantissime tasse come chi ha privilegi, che sono considerato meno rispetto agli etero per tutta una questione di leggi e vissuto italico. Bene. Queste ragazzine (giro tra i generi appositamente per ringraziare tutt*) non erano in mezzo alla strada incazzose, erano in atto di presenza. Che visione fiabesca che ho quando vedo le cose belle. Lasciatemela ancora qualche giorno, dai.
Secondo punto. Archetipo/stereotipo. Ecco che mentre camminavo in un bagno di sudore che nemmeno la Ferilli nuda per il calendario ha mai provato, noto che una specie si sta estinguendo. Le palestronze. Quello stereotipo di super virile che ha segnato una generazione sembra essere svanito come delle promesse elettorali. Come se l’armadiatura a 19 ante abbia lasciato spazio a qualcos’altro. Una rincorsa conclusa dell’ideale o un raggiungimento dello stesso che ha portato ad altro. Cosa non so eh. C’è da dire che con l’età è meglio non uscire col caldo, vero, ma la cosa bella da notare è che, per una volta, UNA, in un anno, nello stesso posto tutte le varianti possibili erano presenti e rappresentate. Tutt*. Le trans della vecchia guardia, con le tette di marmo e la faccia di creta. I grassi che fanno tanta paura ai media bellamente mezzi nudi. Chi è veramente vecchio. Chi è giovane e non si identifica binariamente. Che ovviamente sono i miei preferiti. Non capire chi ho davanti deve diventare un trampolino per il dialogo, la conoscenza, la riconoscenza, la pace. Lo trovo bellissimo, perché parto sempre dal presupposto che non me ne frega un cazzo di sapere con chi si accoppia chi ho davanti. Ne come, perché ne con chi.
Dicevo, questi under 25 sono fantastici perché hanno decostruito tutto quell’immaginario anacronistico di iperuomo, lella camion, passiva anoressica, e tutte le categorie semplicine, come i cervelli di chi deve per forza etichettare per stare sicuro nelle sue certezze. O in quelle che gli dice la Lega, o che Salvini dice alla Lega o che l’autore di Salvini dice a Salvini che dica alla Lega.
Il termine è facile, bellissimo, altisonante: libertà. Un giorno di festa e di libertà, questo ho visto. Sì ora vi tocca pure leggere cosa sentivo. Mi sono commosso un paio di volte, perché ero a casa mia, con la mia gente, con chi lotta, con chi non è conforme. Perché ho visto anche me, che ormai sarò al decimo pride, ho visto me spaventato, piccolo, ho visto me incazzato, orgoglioso e ho visto me di oggi, in pace con quello che sono e con la più grande delle vittorie: ho camminato cuore a cuore con chi cammina con me, con chi ho scelto, con chi mi ha scelto, con chi ti capisce e ti fa incazzare perché sa, ci tiene, c’è.
E con chi puoi mangiarti nottetempo una pizza orrenda da 5 euro che cerca di assorbire le settrodici birre che hai in corpo dalle tre di pomeriggio.
Ma ho anche tanti amici etero.