È stato come un colpo di pistola. Secco. Stavo preparando la copertina di un allegato del giornale dove facevo il direttore creativo e la vice Laura ad un certo punto alza lo sguardo e mi fissa, incredula. La disistima che quella carica creò in me in quei mesi mi fece subito pensare di aver fatto qualche errore, qualche sbaglio clamoroso e, come sempre, pensai al peggio. Invece Laura mi guarda mi fa: Andre… La Raffa!
Preparo subito un post da mettere sui social, che verrà prontamente cancellato quando ha raggiunto un numero di like sufficiente poche ore dopo la notizia, perché il feed è sacro, così dice quello lì. Mentre ero sconcertato, la rabbia si siede vicino a me. Non dirò niente per tutto il resto della giornata.
Comincio, e qui è tragicomico, a ricevere messaggi di condoglianze da amici, parenti e follower, essendo nota a chiunque la mia venerazione per la Carrà.
Il trauma è così forte che non riesco nemmeno a scrivere cosa penso, come sto, cosa è stata (e sarà sempre) per me. Ero in piena sindrome dell’impostore, non credevo fosse minimamente interessante il mio punto di vista sul fatto, tantomeno in un momento in cui tutti avevano qualcosa da dire, di solito non sapendo nulla che non fosse spalline, tanti auguri, carràmba. Che noia.
Ho scelto di sorvolare completamente la cosa, ignorando questa morte che è l’ennesima, in poco tempo, che mi porta via colonne portanti di quello che sono e che ho sperimentato. Ho fatto un post, sul mio ig e non su quello aziendale di una bellezza e sofferenza estrema, e mi sono detto che era sufficiente.
Poi l’anno è passato, è andato peggio di come era finito quello prima, finendo in sofferenza, con la fortuna di avere delle cose positive attorno a me. Poche, pochissime, il resto era una sofferenza estrema. Standby.
Il caso vuole poi che al Pride, sabato 2 luglio in quel di Milano, ci fosse un omaggio alla Divina dell’Ombelico, in cui tutti, ma davvero tutti, cantavano e ballavano sua Santità. Parte la mia canzone preferita in assoluto, che è Rumore, mi accorgo del rumore che serve, di quello che non ho ascoltato, di quello che è assordante e via: aperti i rubinetti sotto i miei storici Ray-ban.
Il mio rapporto con la Signora Carrà comincia esattamente un anno dopo la mia nascita. È il 1983, il 45 giri che custodisco gelosamente (è uno dei pochi ricordi rimasti dalla cancel culture applicata da mio padre: non ho più un ricordo in tutta la casa) è Fatalità. B-side del disco Nè con te Nè senza te, su cui torneremo tra poco.
Fatalità ha la copertina con i telefoni che scendono dal soffitto, tutti con la corda ovviamente, sfondo nero e Raffa sorridente che risponde al telefono, chiaro riferimento a Pronto Raffaella, primo programma della fascia mezzogiorno in Rai. Primo di sempre, capito? Prima c’era il disco orario.
Io non ho ricordi di me a un anno, ma di me a 3 sì. Era il 1985 e io non mangiavo se non vedevo la Carrà. Al punto che in casa mia e in quella dei nonni fu attrezzata la stazione Pranzo Raffaella: tavolino e piccola sedia per l’erede austroungarico che o vedeva le sfrangiate ballate in un terrazzo finto dei Parioli o nonne potevate essere certe che niente, sia dell’immangiabile servito dalla paterna che dai manicaretti della materna, niente sarebbe stato preso in considerazione.
Non so dirvi se cantassi o ballassi, ma ritenendomi una soubrette completa con quei due difettucci chiamati barba e pisello, non ne sarei sconvolto. Credo che quel vinile presto fosse diventato una persecuzione per i miei genitori, mi sembra bello consumato quando lo vedo. Poi niente, non so cosa sia successo, sono diventato un Raffaellita, mi facevo i capelli biondi con i capelli d’angelo dell’albero di natale e qualsiasi cosa sembrasse una cosa simile.
Fatalità era un amore al telefono, la Raffa è una power woman che si accorge che il maschio all’ascolto perde dei pezzi, gli chiede “Hey è con te che starei”, gli promette ascolto e gli ricorda che lo ama. Chi non ci è passato? Lui si perde dietro chissà quale sbandata e poi si rincontrano “quando oramai io volavo più un là” Lesson learned per il piccolo Bellomo: non pensare che io stia qua ad aspettarti, messaggio per tutte le donne all’ascolto allora e ora. Empowerment si direbbe oggi. Il tutto viene cantato in terrazza, con un vestito che mi pare evidente abbia ispirato la bandiera del Pride, perché si va avanti, né con te, né senza te, come dice nella B-side del piccolo 45 giri.
E questo pezzo poi racconta la Raffa che ci casca di nuovo, ma tira fuori il suo lato tragicomico. Non viene cantato in terrazza, niente toni pastello. Questa canzone si canta in abito rosso fuoco, passione, rabbia. Perché la Raffa ci è cascata, amore amor non devi dirlo mai. Fatto sta che lei si dichiara e parte il ghosting: lui sparisce. Immagino non sia capitato a nessun* dei miei readers.
Gli fa anche una scenata, e anche qua ci rivediamo tutt*. Ritornello musicale,giravolte e sfrangiate come se non ci fosse un domani, con un bel messaggio: smettiamola con l’oversharing o ci portiamo sfiga. Non male eh?
Anni dopo arrivano i CD, la mia capacità di acquisto è data da una paghetta che viene investita al 90% in materiale automobilistico, quando in un cesto al Panorama ecco che mi guarda Le più belle canzoni. Raffa è disegnata stavolta, c’è un tendone blu dietro e io, che ai tempi ero un teatrante, mi sentivo assolutamente rappresentato, è il 1993. Scopro così la tragedia di E salutala per me, l’erotica Ratataplan, la storia della mia relazione coi soldi Mi spendo tutto, Ci vediamo domani che è sempre della fase tragedia, ma in chiave funky col messaggio che Raffa si è accorta che lui qualcosa aveva combinato, ma poi lo perdona. Si incazza anche eh, perché in Amicoamante il messaggio è chiaro:
Troppo poco mi dai tu, vuoi che pensi solo a te, ma se a te ci penso io, chi dovrebbe poi pensare a me? Nei dettagli sai com’è viene fuori poi da sé quando un uomo c’è o non c’è.
Infatti poi la Raffa si rompe e se ne va a Santa Fe, non vedendo nulla della città, passando le notti con Pedro. E ancora qui, a chi non è successo?
Poi però la tragedia e l’amore si rifanno sentire ed ecco la canzone pugno nello stomaco: Riproviamoci. Il peggio arriva e si chiama amica, amica che va con il tuo ex, senza problema alcuno. E dire che sto stronzo voleva anche un figlio. Parliamone, anzi meniamolo fortissimo.Quindi basta, è finita.
Arriva allora Ciak: parliamo di sesso eh sì, ci parte un ti amo ma è circostanziale, sappiamo tutti che è quella relazione cuscinetto in cui si scopa bene ma ma ma. Se la sta raccontando, ovviamente. Can you relate?
Poi ci mettono un Tanti Auguri che nemmeno merita commento tanto è inflazionata, c’è Domani che non è un refuso di me rincoglionito, ma una digressione ulteriore sulla Ci vediamo domani. In sostanza Raffa gli dice: non ti dirò per favore rimani, ti dirò dolcemente così ciao a domani. Cosa faccia lei nel frattempo, uomo, non ti è dato saperlo. E infatti riparte e ci regala Latino, che è tutta una fiesta in spiaggia, alla faccia della malinconia. Poi c’è Drin Drin, come un allarme nella mente mia, non so se amarti o buttarti via, perché sti uomini vanno sempre a caccia. E Raffa, le donne, the queer people lo sa. Perché poi tornano sempre. Ne è la prova Povero Amore, che torna a chiedere pietà, con le orecchie basse. E Raffa perdona, perché è in A Parole io ti lasco a-ah ma solo a parole, è chiaro: si amano. Così arriva quella che fa piangere, che in un disco ci sta sempre. Io non vivo senza te, si chiama.
La canzone che avevo in testa quando ho saputo che lei non c’era più.
Anima mia, la mente piano piano che va via, la pelle tua è come fosse mia, i sensi accelerati alla follia, anima mia non andar via. Io non vivo senza te, e non so come dirtelo, perché uno come te non saprei inventarmelo.
Devo aggiungere altro?
Ultima traccia, international, è Black Cat, ma sto ancora piangendo per quella prima quindi non ve la racconto.
Ho divagato, e ho raccontato solo due dischi. Perché se dovessi raccontare tutti gli mp3 scaricati da Napster in poi potrei scrivere una Raffapedia.
Chiudo, pensando a quando l’ho vista a Porto Santo Stefano al bar no, non mi sono permesso di disturbarla, anche Dio ha bisogno di un caffè.
Grazie Raffa.